martedì 6 ottobre 2009

Kafka Breaks # 2 - Riflessioni per un cavaliere



Kafka Breaks # 2 - Riflessioni per un cavaliere

Nulla, a pensarci bene, può spingere uno a essere il primo in una corsa dei cavalli. Il vanto di essere riconosciuto come il miglior cavaliere di una provincia, rallegra appena si scatena l'orchestra, troppo, perchè la mattina dopo si possa evitare di pentirsene. L'invidia degli avversari, di genti astute e abbastanza influenti, ci procura dolore nello stretto corridoio, che ora percorriamo a cavallo verso quel ripiano, che poco prima era vuoto, salvo alcuni cavalieri arrotondati, che disegnavano il loro piccolo profilo sull'orlo dell'orizzonte.
Molti amici nostri si affrettano a ritirare i loro guadagni e solo dietro le spalle ci gridano il loro evviva dagli sportelli lontani; ma i migliori amici non hanno puntato affatto sul nostro cavallo, perchè temevano di doversela rifare con noi, se perdevano; ora che il nostro cavallo è arrivato primo e loro non hanno vinto, si voltano quando si passa e preferiscono guardare le tribune. I concorrenti, dietro a noi, saldi in sella, cercano di misurare la disgrazia che li ha colpiti e l’ingiustizia che viene fatta loro in quel modo: assumono un aspetto disinvolto, come se dovesse avere inizio una nuova corsa, fatta sul serio, dopo questo giuoco da ragazzi.
A molte signore il vincitore appare ridicolo, perché si gonfia senza sapere poi come contenersi dinanzi a tutte quelle strette di mano, saluti, inchini, cenni da lontano, mentre i vinti stanno a bocca chiusa e battono sul collo dei loro cavalli che quasi nitriscono. Infine comincia addirittura a piovere dal cielo che si è fatto scuro.

…(E) è la stessa cosa essere presidente del consiglio e lavorare in un call center, meglio essere inutile che necessario...

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