mercoledì 3 febbraio 2010

Soliloquio per armonicista periferico – Dylan’s Break # 2



Soliloquio per armonicista periferico – Dylan’s Break # 2

"Inizio con una notte di pioggia. Inizio con una notte di Ottobre. Sapete quando vi prende quel senso d’inadeguato rapimento e vi sentite un tutt’uno col respiro cosmico delle tenebre e ogni cosa, ogni pensiero si fa largo nella vostra mente fino a divenire benzina che devasta le pareti del vostro animo:

QUESTA è una di QUELLE NOTTI

Ma non mi è concesso il riposo adesso, né la solitudine, o meglio non una reale solitudine, in fondo anche questa è una notte di rivalsa. Ho letto tre libri che mi riconducono a questo istante, ero sicuro di averli chiusi in una busta legata stretta ad una camicia sbrindellata di ricordi e del trasporto: un letto caldo, ma umido d’amore in gocce madreperlacee. Nuvole veloci e pensieri rapaci di sodomia esplodono nel bagliore di una bottiglia di birra vuota da 66 cl. e mi ritrovo a scappare nudo con addosso soltanto la mia dignità...

Quella era Chiara. Nelle sue note di follia, nascoste fra una pentatonica e un sorriso, che abilmente sapeva riporre come melodie acquose dentro il legno di una solid body. In quelle notti d’autunno, quando il Tirreno sembrava capirci meglio di qualsiasi cosa, e sapevamo farci bastare il nostro piccolo sogno intimista a base di tabacco Golden Virginia, pizze d’asporto e dischi di Bob Dylan; in quelle sere dolci e dense come sciroppo di mandorla, sentivo un afrore escapista e sereno. Era vento dell’ovest (?)

E mi chiamarono Demetrio e l’elemento da cui nacqui fu l’acqua. Ed io, colpo singolo in questa notte argentata, mi accingo a ritrovare la via di casa. Da qui, si dice, non è passato nessuno a portare la Storia. La mia casa è stata ricavata da megazzino di ferramenta, spesso i miei sogni si svolgono lì, sono solo vendite al dettaglio. C’è un registratore di cassa grigio e un macchina per fare le chiavi color rame.

Mio nonno era calzolaio, mio padre impiegato statale, e io mi occupo di schede prepagate. Ma non mi sembra un gran fardello da portare. Credo che il call center sia il viatico necessario della nostra generazione. Stanotte sto ripensando a Chiara, e al mio periodo latinoamericano.

I miei colleghi sono audaci agent, falchi in una notte di redenzione - Ogni giorno incrociamo le cuffie in una strana alchimia che pare una danza rituale, fatta di ginseng, caffè, chewing gum al mannitolo e sigarette,in una sfida all’O.K. Corral di maledette promo. Soliloquio per un armonicista periferico. Sono obbligato a vivere con la mia voce. Discendente di Cassio e d’Eracle. Mi sento la cosa più vicina al minotauro racchiuso dentro un labirinto che i miei contemporanei chiamarono Open Space"


Demetrio ha viaggiato indietro nel tempo facendo rotta verso l’Egitto di Iside e Osiride, cercando la rotta degli Argonauti e il vello d’oro della Riscossa, per poi tornare alla sua miserabile esistenza di agent sconfitto. Nello stereo Dylan biascica un ruvido blues. Attraversa una porta che non sa bene dove lo condurrà. Verso il suo passato, verso una vita altra, o forse solo un giorno nuovo di sole, vento e acqua in una terra verde di rivalsa.

Ma oggi vorrebbe parlare senza più dover rispondere e ascoltare senza sentire questo lamento: di sogni che non è stato possibile realizzare, promozioni scadute, soltanto un birillo in una partita a bowling di angeli caduti, mentre sta bevendo la sua splendente armatura invisibile… E’ convinto che il mal di testa sia diretta conseguenza dell’errata fiducia che l’umanità ha riposto nel linguaggio verbale.

E’ così che bisognerebbe vivere l’autunno mediterraneo: scalzi, a bere birra ghiacciata e a fumare Camel senza filtro per contemplar il cielo, ora limpido mentre una ridda di suoni tesse il firmamento del nostro Avvenire. Un soliloquio per piccoli armonicisti di periferia.

Nessun commento:

Posta un commento